Di Bufale si muore

Un articolo di Lucrezia Saporito.

Viviamo nell’ epoca della divulgazione di massa e dei social network. Avremmo potuto utilizzare questi strumenti per una maggiore fruinilità della cultura e dell’informazione. Siamo stati, invece, capaci di rendere la facile divulgazione strumento di disinformazione e di infodemia (termine utilizzato in psicologia sociale e titolo del libro di Giancarlo Manfredi, per descrivere l’epidemia delle “informazioni disinformanti”).

Abbiamo utilizzato i potenti strumenti di divulgazione di massa per dare adito a chiacchiere da bar, cancellate col mal di testa del mattino successivo che nascevano, si consumavano e morivano. Oggi sono a portata di un click. Le chiamano bufale.  Diventano virali e incontrollate, attecchiscono e si riproducono come erbacce selvatiche, fastidiose, antiestetiche e focolare di batteri.

Così le bufale vengono adottate dagli utenti dei social definiti “autarchici leoni da tastiera” ma a mio avviso gazzelle indifese, disorientate, senza tana, senza certezze né speranze, che hanno visto crollar loro addosso tutto ciò in cui credevano e adesso, sfiduciate, non possono che affidarsi ai loro sensi… l’olfatto e la vista le guideranno al cibo, scaltre e veloci si sposteranno di cespuglio in cespuglio e non importa se quelle erbe erano sporche erbacce selvatiche infette, attecchite per mano di un leone che le ciba per poi mangiarle, l’importante, per le gazzelle è cibarsi.

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Tale metafora, che stravolge la figura del divulgatore di bufale trasformandolo da leone in gazzella, in un’ottica di inconsapevolezza renitente, non vuole di certo discolparle. Permette, altresì, di allargare il campo di studio – dunque di colpe e remissioni – presentando i protagonisti e i processi cognitivi coinvolti nel sistema di diffusione delle bufale.

Il leone è il vigliacco “bufaliere” autore della farsa, che per ritorno personale semina l’erbaccia (affermazioni diffamanti, calunniose, denigratorie ma soprattutto non veritiere) piantata ad hoc affinché soddisfi e assecondi la fame delle incaute gazzelle: utenti con mano lesta e dal click veloce che non perderanno di certo tempo a valutare l’attendibilità della fonte delle succulenti erbacce ma correranno a cibarsi incoscienti dell’artefatto.

Volgendo uno sguardo alle vittime il campo d’azione si allarga ulteriormente e emergono ancor più chiaramente i disastri provocati dall’infodemia.  È compito delle istituzioni educative, come le scuole, ripristinare la lucidità critica, educando al ragionamento scientifica e alla ricostruzione storica, andando affondo, non fermandosi alla percezione sensibile (legata ai sensi) ma ricercando sempre una spiegazione empirica causale (causa-effetto) e non casuale.

DI BUFALE SI MUORE

Basti pensare ai bambini morti per aver contratto virus come la pertosse a causa del calo delle vaccinazioni in seguito alla diffusione della bufala che assocerebbe il vaccino all’ autismo. Per non parlare delle bufale legate al fenomeno dell’immigrazione (dalla storia delle 35€ al giorno a quella degli hotel a 5 stelle) causa di odio e disprezzo, manifestatosi anche con spargimenti di sangue;  e poi ancora bufale legate alla politica e ai leader politici che peggiorano ancor di più i livelli di fiducia della popolazione nei confronti delle istituzioni.

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IL CASO PRATICO: GIACONIA SRL

Ma se tutto questo può sembrarci distante anni luce dalla nostra quotidianità riportiamo un esempio della diffusione di una bufala, su scala micro-sociale, alla ribalta anche dalle cronache nazionali, durante questo week-end.

Le vittime della bufala sono questa volta i proprietari di una importante catena di supermercati siciliana: la Giaconia srl. In seguito a dei controlli di routine, da parte dei NAS, sulla carne, presso le loro macellerie, si è diffusa in poche ore la bufala che questa fosse stata sequestrata poiché contente carbonchio. Il mezzo utilizzato per la diffusione della bufala è stato Whatsapp, la nota piattaforma di messaggistica istantanea. La notizia, tramite un messaggio vocale, si è diffusa in tutta Palermo e provincia. Le conseguenze sono state immediate con danni economici e di immagine. È stato lo stesso Istituto Zooprofilattico Sicilia a smentire la bufala affermando di non aver trovato alcun valore fuori norma nelle carni delle macellerie Giaconia.

Le bufale trovano terreno fertile nella naturale tendenza umana a dubitare, sospettare e diffidare. Non bisogna però pensare che sia legittimo e concesso restare inermi di fronte alle migliaia di informazioni errate che ogni giorno ci bersagliano. La tendenza dubitante può trovare mediazione nella criticità: la più alta competenza umana. È necessario l’impiego di tutte le funzioni cognitive, che non si limitino quindi alla sola percezione sensibile: processo di sintesi necessario ma non sufficiente. Diventa sostanziale educare al ragionamento scientifico, stimolare la curiosità che spinga a vedere oltre le apparenze con apertura mentale, e con voglia di immergersi e addentrarsi nel Sapere. È una didattica questa che necessita tempo, silenzi e riflessioni. Forse poco adatta alla nostra epoca, veloce, fondata sull’istaneo, che ci premia coi like e il numero di visualizzazioni. Ma è necessaria una metodologia strutturale per arginare il fenomeno.

 Abbiamo bisogno di fare un po’ d’ordine affinché la facile accessibilità alla cultura non diventi motivo di inflazione per le gazzelle, e la libertà di espressione non diventi sinonimo di disinformazione legittimata, per i leoni.

IL DEBUNKING PER CONTRASTARE LA DISINFORMAZIONE?

A questo proposito sono diversi i siti di debunking (da to debunk, sfatare) che s’impegnano nel faticoso compito di confutazione, basandosi su metodi scientifici o storici, un’affermazione o ipotesi dimostrandone l’infondatezza.  Secondo un nuovo studio condotto dal laboratorio di Computational Social Science dell’IMT di Lucca, però, il debunking non serve quasi a nulla. La notizia confutata non sembra attecchire quanto la bufala, a dimostrazione che la verità, nascosta, necessità di maggiore cura e impegno per essere compresa e interiorizzata. La pratica del debunking, in alcuni casi, sembra aggravare la situazione inasprendo il dibattito tra i detentori del sapere. Eppure decine di siti e blog non si arrendono. Alcuni di questi vantano una storia nobile e pulita, tanto da diventare riferimento di attendibilità anche per i media tradizionali. Eccone alcuni: SnopesEmergent.infoAttivismo.netButac.

 

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